CalcioItalia diventa Calcio d'angolo

«Il tuo blog è fresco, vivace e godibile. Bravo» (Andrea Aloi)

Scritto da
Antonio Giusto
alle
19:54
12
commenti
Dopo 19 giornate è sempre la solita storia: l’Inter
domina, le altre – forse è più corretto dire l’altra, visto che i due pareggi rimediati contro Samp e Catania hanno fatto capire alla Juventus che questo non sarà la prima volta di una neopromossa campione d’Italia – inseguono. La più vicina è la Roma, ad “appena” 7 punti dalla vetta, l’anno scorso distante 2 punti in più. Punti di distacco che sarebbero certamente inferiori, se solo la squadra di Spalletti imparasse che in porta non bisogna per forza entrare col pallone, visto che il tiro da fuori area è un’ottima opzione offensiva, soprattutto contro le squadre che si chiudono di più, e i tiratori da fuori ci sono anche in assenza di Aquilani. L’Arsenal ha dovuto perdere Henry per capirlo, ma ora è appaiato al Manchester United in vetta alla Premier League. Cosa impensabile per la Roma, almeno per quest’anno. Se i giallorossi come simbolo delle loro clamorose amnesie che gli costano parecchi punti hanno la partita con l’Empoli, penultimo, da cui si sono fatti riagganciare al 90’ da un’innocua punizione di Giovinco, per l’Inter parla l’ultimo match del girone d’andata, quello tanto discusso col Parma. In 5 minuti è passata dall’ 1-2 che sarebbe significato prima sconfitta del campionato, ad un 3-2 che significa “Noi siamo i più forti”, senza possibilità di controbattere. Poi c’è la Juve, che forse a furia di ripetersi che lo scudetto poteva diventare realtà aveva iniziato a crederci per davvero. A frenarla, però, gli ultimi due pareggi contro Sampdoria e Catania, buone squadra, ma nulla di più. E i punti di distanza dalla vetta, 10, sono il doppio di quelli sull’Udinese, 5.
A lottare per il quarto posto ci sono Fiorentina, Udinese e Milan. I rossoneri devono recuperare le partite con Atalanta, Livorno e Reggina prima di capire se è davvero possibile riagguantare la quarta posizione che significherebbe preliminari di Champions League. Per ora il trio d’attacco formato da Kaká, Ronaldo e Pato ha dato spettacolo solo contro il Napoli, dimostrandosi inadatto a scardinare la difesa dell’Udinese, sconfitta al Friuli solo grazie ad un clamoroso errore di Obodo che ha permesso a Gilardino, su splendido assist di Kaká servito a sua volta da Pato, di infilare Handanovic. L’Udinese, sconfitta dal Milan nello scontro diretto, sulla carta è quella con meno probabilità di arrivare in Champions League delle tre. Solo sulla carta, però. Mister Marino ha dimostrato di saperci fare, e con un Di Natale che sta vivendo la miglior stagione della propria carriera di fianco ad un Quaglierella finalmente a suo agio come punta centrale del tridente, tutto è possibile. E lo è ancor di più se a corredare il tutto ci sono giovani vogliosi di vittorie e tecnicamente validi come Zapata, Inler e Handanovic. Infine la Fiorentina, che se il campionato finisse ora affronterebbe ad agosto i preliminari di Champions per la prima volta, dopo averli persi in tribunale nelle ultime due stagioni. I Viola hanno in Mutu un giocatore eccezionale, a cui è stato più volte chiesto di sostituire anche Toni là davanti, visto che Pazzini non è ancora maturo al punto giusto per sobbarcarsi l’intero peso del reparto avanzato e Vieri (complimenti per il duecentesimo gol con una maglia italiana) non è più quello che faceva impazzire le difese avversarie quando indossava la maglia dell’Inter.
Per il posto in Uefa rimasto, sempre che in finale di Coppa Italia si affrontino due qualificate alla Champions League, sarà una dura lotta. Sampdoria, Genoa, Palermo e Napoli sono vicinissime in classifica, e potrebbero restarlo fino alla fine. La sfida più accesa sarà certamente quella tra le due squadre della città della Lanterna. Il Genoa, guidato da Borriello
in campo e Gasperini in panchina, farebbe carte false pur di arrivare davanti ai cugini blucerchiati a fine campionato. La Samp però risponde con Bellucci e Cassano. Il primo, al ritorno in Serie A, sta dimostrando di aver perso tempo negli ultimi due anni in B con il Bologna. Il secondo, anche lui di nuovo in A dopo la tremenda esperienza spagnola, vuole conquistare un posto tra i 23 che, una volta terminato il campionato, faranno le valigie e partiranno alla volta del Portogallo. Aggiungiamoci che Mazzarri vuole gustare l’Europa, dopo il piccolo morso dello scorso anno, e i blucerchiati sembrano i contendenti più credibili. Il Palermo invece rischia di interrompere a breve il sogno-Uefa. La causa, ovvia, è Zamparini, che ha dimostrato più d’una volta di non gradire l’impegno nella seconda manifestazione continentale per club, e che si appresta a mandar di nuovo via Guidolin dopo il rocambolesco ko interno con il Siena. Poi c’è il Napoli, che promette di rinforzarsi entro la fine del calciomercato invernale con due uomini sulle fasce, che completerebbero alla grande il perfetto mosaico partenopeo. Aggiungiamoci il fatto che qui, a differenza di Palermo, è il presidente il primo a volere l’Europa e si capisce perché i tifosi napoletani possono sognare.
A parte l’Atalanta, che come organico è superiore alle altre, dal Catania in giù si trovano tutte invischiate nella per non retrocedere. Proprio gli etnei devono cercare di non ripetere la scorsa stagione, terminata in calando e in cui si assicurarono un’altra stagione in A solo all’ultima giornata con il Chievo. Poi c’è il Livorno, in serie positiva da ben 9 partite e che con Camolese in panchina ha decisamente cambiato marcia. Se continuano così, Spinelli a fine anno potrà lamentarsi di non aver raggiunto la Uefa per un pelo, invece che per la retrocessione. La Lazio, sulla cui stagione pesa come un macigno la campagna europea, dovrebbe farcela, visto l’organico decisamente superiore a quello delle altre contendenti. Segue il Parma, a 18 punti, in zona caldissima e a cui a fine anno la freschezza dei vari Cigarini, Gasbarroni e Dessena potrebbe non bastare. Lucarelli, però, è di un’altra opinione e potrebbe ripetere ciò che fece Giuseppe Rossi (che costava meno di Lucarelli anche se più giovane ma che non è stato trattenuto dai ducali) la scorsa stagione. Torino e Siena, appaiate a 17, sono nella zona caldissima. Se i granata hanno dalla loro una rosa che vale ben più della lotta per non retrocedere, i senesi rispondono con un cuore smisurato, come ha dimostrato l’ultima partita con il Palermo. A 17 c’è anche la Reggina, che però, vista la differenza reti, ora come ora sarebbe spacciata. I calabresi però sono stati bravi a non abbandonare quando molti l’avrebbero fatto, e gli acquisti di Brienza
, Stuani e Cirillo possono davvero cambiare la stagione amaranto. Un punto più in basso c’è un’Empoli a cui la Coppa Uefa ha fatto davvero male. Perché è vero che la rosa non ha subito grandi modifiche, ma l’esonero di Cagni non ha cambiato nulla, ed ora Vannucchi & C. rischiano davvero. A 10 punti, desolatamente in fondo alla classifica, il Cagliari che senza Suazo ha dimostrato di essere una squadra che definire mediocre è poco. Senza il bomber honduregno la responsabilità di segnare è ricaduta su Matri e Acquafresca, 43 anni e 6 gol in due. O Ballardini fa qualcosa, o l’anno prossimo non ci sarà nessuna squadra a rappresentare la Sardegna in Serie A.
Antonio Giusto
Scritto da
Antonio Giusto
alle
19:11
8
commenti
provocava le ire dei vicini, che spesso si lamentavano con Jurka, la mamma, perché il pallone del più piccolo degli Ibrahimović terminava nelle loro siepi. Mamma Jurka donna delle pulizie tanto orgogliosa da non voler tutt’oggi lasciare il lavoro, alla faccia dello stipendio milionario del figlio, è croata. Il papà è bosniaco, e si chiama Sefik. È a lui che ripetono che Zlatan «ha negli occhi una luce particolare, quella di chi ama il calcio», e di questo se ne accorge Hasib Klicic, allenatore della squadretta del FK Balkan, a cui è legata la prima leggenda di Ibra. Contro il Vellinge il già allora perticone svedese (ora è 1,92) è costretto alla panchina per via del suo pessimo carattere che lo porta spesso a litigare con compagni, dirigenti, allenatori e persino giornalisti (una volta un giornalista gli chiese il perché avesse dei graffi in faccia, «chedi a tua moglie» la risposta del gigante svedese). Sul 4-0 per gli avversari l’allenatore decide finalmente di far entrare in campo Ibra, che in 45 minuti ribalta il risultato segnando 8 gol. Gli avversari protestano: quel ragazzo è troppo grosso e bravo con il pallone per avere 12 anni, limite massimo della categoria. Si sbagliano, visto che Ibra ne ha due in meno, come dice il certificato di nascita. Tre anni dopo il Malmö si accorge di questo ragazzo che fa faville nella squadretta satellite del Balkan, e lo veste di blu. Nel 1999 debutta in Allsvenskan, ma al termine della stagione l’Himmelsblått retrocede in Superettan, la seconda divisione svedese. Ibra non ne fa un dramma, e riesce comunque a mettersi in mostra. Su di lui posano gli occhi gli osservatori della nazionale svedese, con cui parteciperà al Mondiale nippo-coreano nel 2002, e Arsène Wenger. L’alsaziano conosce bene i giovani, e per conquistare Ibra gli spedisce a casa un maglia dell’Arsenal numero 9 con “Zlatan” stampato sulle spalle. Lui declina l’offerta, ma la maglia ce l’ha ancora. Se lo aggiudica l’Ajax di Leo Beenhakker, che se ne era calcisticamente innamorato durante una tournée quando allenava il Real Madrid. Per 7,8 milioni di euro Ibra passa all’Ajax diventando così il calciatore svedese più pagato della storia. «Ciao ragazzi, io sono Zlatan, e voi chi cazzo siete?» è la sua frase di presentazione nello spogliatoio ajacide. Alla domanda rispondono un po’ tutti. Grygera e Chivu, che diventano suoi amici; Van der Vaart, che mal sopporta il fatto di avere qualcuno più bravo di lui in squadra e con cui vola anche qualche cazzotto; Mido, che grazie agli assist del fenomeno di Rosengård visse le migliori stagioni della propria carriera. Ed è proprio Mido - con cui condivide la grande passione per le auto (Ibra possiede un Porsche Cayenne Turbo, una Ferrari 360, un BMW X5 e nel
Scritto da
Antonio Giusto
alle
18:59
2
commenti
Scritto da
Antonio Giusto
alle
13:24
1 commenti