sabato 29 dicembre 2007
lunedì 24 dicembre 2007
venerdì 21 dicembre 2007
Champions League: sorteggio ottavi
Conclusi i sorteggi degli ottavi di Champions League, e non si può certo dire che alle italiane sia andata bene. Il Milan, campione in carica, ha visto uscire dall’urna l’avversario più ostico che le potesse capitare: l’Arsenal dei giovani, secondo proprio perché nelle ultime due gare del girone ha mandato in campo ragazzi troppo giovani. L’Inter, che deve dimostrarsi carro armato anche fuori dai confini italici, si è ritrovato contro un Liverpool che può essere quello capace di perdere 2-1 ad Istanbul col Besiktas e 0-1 ad Anfield con il Marsiglia o la macchina da 16 gol nelle ultime tre, decisive, partite del girone. E, a giudicare da quanto fatto vedere negli ultimi anni, ovvero che il Liverpool è, assieme al Milan, la miglior squadra in europea sui 180 minuti, si tratterà della squadra cinica e concreta ammirata quando la posta in palio contava,. La Roma, certamente la più sfortunata, ha trovato un Real Madrid contro cui dovrà cercare di ripetere l’impresa della Virtus, squadra di basket capitolina vittoriosa ieri proprio contro i madrileni.
Analizziamo meglio gli incontri, però. Il Milan non ha bisogno di particolari dilungamenti sulle sue imprese nei match ad eliminazione diretta, basta aggiungere ai 18 trofei in bacheca che ne fanno la prima squadra al mondo il fatto che l’anno scorso furono proprio i rossoneri ad alzare la tanto ambita coppa con le orecchie, mimata proprio da Fabregas, avversario del Milan negli ottavi, in occasione di un gol nella fase a gironi. E quel gesto significa che l’Arsenal, in finale nel 2006, vuole quella coppa, e poco importa se contro si trova Slavia Praga o Milan, bisogna spazzarli via tutti e due, senza fare particolari distinzioni di forza. Certo è, però, che Gallas & co. Dovranno fare i conti con il Pallone d’oro e Fifa World Player 2007 Kaká.
L’Inter, dal canto suo, non può certo ritenersi fortunata. Il Liverpool è giunto in finale due volte negli ultimi tre anni, in mezzo l’eliminazione subita nel marzo 2006 dal Benfica, quando Simao e Miccoli sbancarono Anfield e si qualificarono per i quarti. Se l’Inter dovesse trovarsi di fronte quel Liverpool e non quella cinica macchina da gol ammirata nelle ultime tre giornate della fase a gironi, il passaggio ai quarti è quasi certo.
La Roma è però l’italiana con meno speranze di passare: il Real di Robinho, dalla Coppa America ad oggi probabilmente il miglior giocatore al mondo assieme a Fabregas e Ibrahimovic, vuole mettere in bacheca la decima Coppa dei Campioni/Champions League della propria storia, e per farlo deve passare sul cadavere della Roma. Roma che però a Madrid ha già vinto, era la fase a gironi, era il 2003, ma i 3 punti al Bernabeu arrivarono per mano, o per meglio dire “per piede”, di Francesco Totti, unico reduce, assieme a Panucci, di quella magica notte di ottobre.
Real escluso, alle altre iberiche è andata di lusso. Il Barça si è visto recapitare un cioccolatino biancoverde di nome Celtic, che, salvo miracoli in terra di Scozia, è destinato a tornare nei confini scozzesi fino al termine della stagione.
Neppure al Siviglia, deludente in campionato ma ottimo in Europa, è andata male. Il Fenerbahce non è poi un avversario tanto temibile, soprattutto fuori casa. Sul Bosforo invece la squadra di Zico ha inflitto tre KO, nell’ordine, ad Inter, PSV e CSKA Mosca.
Il Porto completa il trio di iberiche felici, visto che dall’urna è uscito lo Schalke, avversario alla portata dei lusitani, dimostratisi squadra solida nel girone eliminatorio e che non dovrebbe avere problemi contro il peggior attacco, a pari merito (?) con quello del Celtic tra le squadra qualificate agli ottavi. Appena 5 reti per gli uomini di Mirko Slomka, appena due nelle prime 5 giornate del girone eliminatorio.
Completano gli ottavi di finale Olympiacos-Chelsea e Lione-Manchester United. Se ne primo caso gli uomini di Grant non dovrebbero aver problemi ad eliminare la sopresa della fase a gironi, tra Manchester United e Lione sarà sfida vera, perché se da un lato Aulas vuole come minimo i quarti dopo la deludente eliminazione agli ottavi contro la Roma lo scorso anno, gli inglesi si stanno ancora rodendo le mani per l’occasione sprecata l’anno scorso, quando si fecero rimontare dal Milan il 3-2 maturato ad Old Trafford. La parola ai piedi di Benzema e Cristiano Ronaldo qui, di tutti gli altri campioni che faranno la loro comparsa sul palcoscenico, calcisticamente parlando, più importante in Europa, per le altre partite.
Antonio Giusto
Fonte: SportBeat
Scritto da Antonio Giusto alle 13:40 4 commenti
lunedì 17 dicembre 2007
Gollas importanti
Un colpo di testa per fermare il Chelsea e portare l’Arsenal di nuovo in vetta. Opera di Adebayor? No, di William Gallas, tra l’altro ex del match. Sì, perché quando al 45’ del primo tempo Cesc Fabregas ha calciato un corner dalla sinistra, il più lesto ad approfittare dell’errore di Cech è stato lui, difensore con numero di maglia e vizio del gol da attaccante. Gallas, infatti, sulla maglia porta un 10 praticamente mai visto sulle spalle di un difensore. L’idea venne a Wenger quando Gallas, appena arrivato ai Gunners, trovò il suo classico 3 occupato e il tecnico francese pensò bene di affidargli il 10 appena lasciato libero da Dennis Bergkamp per non responsabilizzare eccessivamente un attaccante e far risaltare un po’ Gallas, il cui sogno da piccolo doveva però essere quello di vestire un altro numero, magari quello di Jean Tigana, a cui gli amici lo paragonavano da piccolo, quando Gallas, nativo di Asnières-sur-Seine ma trasferitosi quasi subito nella vicina Villeneuve-la-Garenne, passava le giornate a giocare con un pallone, poco importava se fosse da calcio o da baseball. Il piccolo William, però, era troppo preso dallo sport e questo gli costò qualche problema con la scuola, dove fu rimandato in sesta (la scuola in Francia è strutturata diversamente) e dovette affrontare le ire di suo papà, originario di Sainte-Anne, Guadalupa. Detto che Gallas ama il calcio, non si è ancora accennato al fatto che da piccolo Gallas fosse calcisticamente inferiore a suo fratello minore Thierry, su cui si prenderà poi una gustosa rivincita. E Gallas si prende una rivincita anche nei confronti del suo professore di matematica che, quando gli annuncia che da grande farà il calciatore, replica «Calciatore? Non è un lavoro!». William però non vuol sentire ragioni e quando la sua famiglia di vede costretta a fare ritorno in Guadalupa per motivi economici, lui chiede e ottiene da suo padre di poter restare in Francia, all’institut national du football de Clairefontaine, centro di formazione calcistica da cui sono usciti, oltre a lui, anche nomi del calibro di Nicolas Anelka e Thierry Henry, assieme al quale cresce calcisticamente fino ai 17 anni, quando, assieme a sei compagni, passa nel centro di formazione del Caen, a quel tempo in prima divisione. Proprio al Caen conosce Etienne Mendy, ancora oggi il suo procuratore. A Caen gallas rimane due stagione, il tempo di mettere assieme 34 presenze e di farsi notare dal Marsiglia in una stagione sfortunata per il team della Normandia, che terminerà la stagione con la retrocessione in seconda divisione. Gallas però, come già detto, viene notato dal Marsiglia, che però non riesce immediatamente a tesserarlo per via di alcune grane contrattuali, che spingono i dirigenti dell’OM anche a proporgli di tornare a Caen, ma Gallas rifiuta e continua, determinato, ad inseguire il suo sogno: diventare un campione. A fermarlo non ci riesce neppure la frattura dell’alluce che gli consente di giocare appena 3 partite nella sua prima stagione marsigliese. L’anno successivo però il nome del francese finisce sui taccuini di molti grandi club grazie alle ottime prestazioni offerte in Francia ed in Europa, dove l’OM raggiunge la finale di Coppa Uefa poi persa contro il Parma, al fianco di Laurent Blanc. Alle molteplici offerte, Gallas risponde però di no, e decide di restare al Marsiglia, e fa bene: il 19 ottobre segna al Manchester United il gol della vittoria del Marsiglia, ormai è lui l’idolo indiscusso del Velodrome. La partita col Manchester e quella con il Chelsea convincono però Claudio Ranieri che il giovanotto vale la maglia blu del Chelsea, oltre quella della Francia, dove esordirà poco dopo. Al Chelsea Gallas approda per 6 milioni di sterline, e ci resta per 4 stagioni. La rottura arriva nell’estate del 2006, quando Gallas, stufo degli innumerevoli sostituti acquistati per prendere il suo posto, esagera e non partecipa alla tournée americana del Chelsea, e al suo ritorno vede recapitata la maglia con il numero 13 al neo arrivato Michael Ballack. Capisce allora che è tempo di andare via. Lui predilige l’Italia, e Milan e Juventus si fanno sotto, ma alla fine va all’Arsenal nell’affare-Cole. Con i Gunners debutta il 9 settembre 2006 contro il Middlesbrough e due settimane dopo trova la prima marcatura, allo Sheffield United. Il 9 agosto di un anno dopo si vede addirittura promosso capitano, e indossa la fascia per la prima volta il 12, contro il Fulham. Fascia mai più tolta, e chissà che non possa sollevare il titolo, già vinto con la maglia del Chelsea, proprio con la fascia sul braccio.
Scritto da Antonio Giusto alle 19:52 0 commenti
lunedì 3 dicembre 2007
Il Pastore d'oro
San Paolo, intesa come città, dov’era giunto dopo essere passato per Brasilia, città natia, e Cuiaba. Tutto questo fatto con l’appoggio dei genitori: mamma Simone, insegnante, e papà Bosco, ingegnere civile, che ammettono «Quando Kaká, all’età di 15 anni, ci ha detto di voler essere calciatore professionista lo abbiamo subito appoggiato. Oggi è quello che è, e ne siamo orgogliosi». E i genitori fanno bene ad esserne orgogliosi: oltre che un grandissimo campione, Ricky è un campionissimo anche nella vita. Il 30 novembre 2004 è diventato il più giovane ambasciatore contro la fame del PAM, il programma alimentare mondiale dell'ONU. Fame che da piccolo, però, non ha mai dovuto affrontare. Detto del lavoro dei genitori che gli consentiva di vivere nel Morumbi, quartiere residenziale di San Paolo, a differenza di molti suoi compagni di squadra che al termine delle partite del San Paolo andavano a festeggiare a casa sua con le ciambelle di mamma Simone prima di tornare nelle squallide favelas in cui abitavano. La non-provenienza dalla favelas è stata per Kaká un problema, almeno fino a qualche anno fa. La critica lo accusava di non avere la fame, la rabbia, la volontà di chi era cresciuto pregando che al ritorno a casa dal campetto ci fosse qualcosa in tavola, spesso usando come “arma” un episodio risalente al Brasileirão 2002: nei quarti contro l’Atletico Paranaense Kaká uscì in lacrime dopo 39 minuti a causa del rude trattamento riservatogli da Cocito, difensore del Furacão. Un anno prima però il marito di Caroline, sposata il 23 dicembre 2005 nella chiesa evangelica Renascer em Cristo dopo tre anni di fidanzamento e da poco in attesa dell’erede del pallone d’oro, aveva esordito con la maglia del San Paolo nella finale del torneo di Rio-San Paolo segnando 2 gol in 2 minuti e ammaliando la critica. Non si sbalordì affatto il tecnico Oswaldo che, dopo aver ribadito che Kaká poteva diventare un grandissimo calciatore, aveva ricordato a tutti che il nativo di Brasilia non era neppure al top: veniva infatti dal tuffo in piscina – vuota – che gli era costata la frattura della sesta vertebra. Il rischio della paralisi era stato però scongiurato, come lui assicura, da Dio, al quale è devotissimo. Sulla linguetta copri-lacci di suoi scarpini c’è scritto “Dio è fedele”, ed ha un braccialetto di metallo con la scritta “Jesus” e un nastrino di stoffa con le lettere “OQJF” (“O que Jesus faria?”, cioè “Cosa farebbe Gesù al mio posto?”). La sua segreteria telefonica dice “Sono Kaká. Al momento non posso rispondere. Grazie. Dio ti benedica. Ciao”. Proprio questa sua grande religiosità lo ha spinto a dichiarare «Voglio diventare un pastore evangelico per portare nel mondo la parola di Dio» ai microfoni dell’emittente brasiliana Globo TV. Se così dovesse essere, be’, buona fortuna al primo pastore evangelico con un pallone d’oro sul comodino, dove ha dichiarato che lo metterà.
Antonio Giusto
Scritto da Antonio Giusto alle 13:36 2 commenti